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Circostanze attenuanti generiche e scelta del rito abbreviato – Cass. Pen. 24312/2014

Cassazione Penale, Sez. II, 10 giugno 2014 (ud. 25 marzo 2014), n. 24312
Presidente Esposito, Relatore Beltrani, P.G. Pratola

Con la pronuncia numero 24312, depositata il 10 giugno 2014, la seconda sezione penale della Corte di Cassazione ha preso posizione in ordine ai presupposti per la concessione delle cd. circostanze attenuanti generiche previste dall’art. 62-bis c.p.

Art. 62-bis – Circostanze attenuanti generiche.
Il giudice, indipendentemente dalle circostanze previste nell’articolo 62, può prendere in considerazione altre circostanze diverse, qualora le ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena. Esse sono considerate in ogni caso, ai fini dell’applicazione di questo capo, come una sola circostanza, la quale può anche concorrere con una o più delle circostanze indicate nel predetto articolo 62.
Ai fini dell’applicazione del primo comma non si tiene conto dei criteri di cui all’articolo 133, primo comma, numero 3), e secondo comma, nei casi previsti dall’articolo 99, quarto comma, in relazione ai delitti previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, nel caso in cui siano puniti con la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni.
In ogni caso, l’assenza di precedenti condanne per altri reati a carico del condannato non può essere, per ciò solo, posta a fondamento della concessione delle circostanze di cui al primo comma.

La Corte di Cassazione, in particolare, era chiamata a pronunciarsi sul ricorso con cui la ricorrente lamentava violazione dell’art. 62 bis c.p. e vizio di motivazione quanto al diniego delle attenuanti generiche (ricorso nel quale si valorizzava  l’età avanzata della donna, il suo ruolo marginale nonchè la scelta di procedere con rito abbreviato) e ha osservato come sia costante in giurisprudenza il principio secondo cui, ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche, il giudice possa limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicchè anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso (così, da ultimo, Sez. 2^, sentenza n. 3609 del 18 gennaio – 1 febbraio 2011, CED Cass. n. 249163).

A questo orientamento – si legge in sentenza – si è in maniera corretta conformata la Corte di appello nel caso in esame valorizzando, ai fini del diniego, l’assenza di elementi sintomatici della necessaria meritevolezza (tal non essendo stata ritenuta l’età dell’imputata, poco più che sessantenne all’epoca dei fatti), valutata in relazione alla evocata gravità del reato.

Nè potrebbe attribuirsi rilievo – continuano i giudici – al pure invocato accesso al rito abbreviato (Cass. pen., sez. 4^, sentenze n. 17537 del 1 aprile 2008, CED Cass. n. 240394, e n. 6220 del 19 dicembre 2008, dep. 12 febbraio 2009, CED Cass. n. 242861): la determinazione di avvalersi del predetto rito, infatti, è già premiata con la speciale e rilevante diminuzione di pena prevista ad hoc dalla legge, e non può quindi essere nuovamente presa in considerazione per i fini in questione, poichè la reiterata valutazione di un’unica, specifica circostanza di fatto, per legittimare due distinte determinazioni favorevoli all’imputato risulterebbe irrazionale e contra legem.

Questo, dunque, il principio di diritto affermato:

«L’applicazione delle circostanze attenuanti generiche non si può fondare sulla scelta da parte dell’imputato di procedere con rito abbreviato, che già implica ex lege l’applicazione di una predeterminata riduzione premiale della pena; in caso contrario, la medesima circostanza comporterebbe irrazionalmente, ed in contrasto con l’art. 442, comma 2, c.p.p., due distinte determinazioni favorevoli all’imputato».

Redazione Giurisprudenza Penale

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