In caso di oblazione preclusa dalla qualificazione giuridica attribuita nell’imputazione
Cassazione Penale, Sezioni Unite, 22 luglio 2014 (ud. 26 giugno 2014), n. 32351
Presidente Santacroce, Relatore Macchia
Depositate il 22 luglio 2014 le motivazioni della pronuncia numero 32351 delle Sezioni Unite in tema di oblazione.
Ricordiamo che la terza sezione penale, lo scorso maggio, aveva sollevato la seguente questione di diritto: «Se sia onere dell’imputato formulare nel corso del giudizio domanda di oblazione in riferimento ad una diversa qualificazione giuridica del fatto che consenta l’applicazione del beneficio».
Le Sezioni unite della Corte di Cassazione, risolvendo un contrasto giurisprudenziale, hanno affermato che, qualora l’oblazione risulti preclusa dalla qualificazione giuridica attribuita nell’imputazione al fatto contestato, è onere dell’imputato formulare un’istanza di ammissione all’oblazione correlata al diverso reato ritenuto configurabile, sollecitando il giudice a pronunciarsi al riguardo.
In mancanza di tale iniziativa, l’ammissione all’oblazione resterà preclusa, qualora sia il giudice, all’esito del giudizio, ad assegnare al fatto una diversa qualificazione giuridica che avrebbe consentito la concessione del beneficio.
Questo, nel dettaglio, il principio di diritto affermato:
«Ove la contestazione elevata nei confronti dell’imputato faccia riferimento ad un reato per il quale non è consentita né l’oblazione ordinaria di cui all’art. 162 c.p., né quella speciale di cui all’art. 162.bis c.p., qualora l’imputato ritenga non corretta la relativa qualificazione giuridica del fatto e intenda sollecitare una diversa qualificazione che ammetta il procedimento di oblazione di cui all’art. 141 disp. att. cod. proc. pen., è onere dell’imputato stesso formulare l’istanza di ammissione all’oblazione in rapporto alla diversa qualificazione che contestualmente solleciti al giudice di definire, con la conseguenza che – in mancanza di tale richiesta – il diritto a fruire dell’oblazione stessa resta precluso ove il giudice provveda d’ufficio, ai sensi dell’art. 521 comma 1 cod. proc. pen., ad assegnare al fatto la diversa qualificazione giuridica che consentirebbe l’applicazione del beneficio, con la sentenza che definisce il giudizio».