Il crimine massmediatico, influenze sulla percezione sociale e sulle scelte di politica criminale (Tesi di laurea)
Prof. Relatore: Eleonora Montani
Ateneo: Università Commerciale Luigi Bocconi
Anno accademico: 2014-2015
Il crimine è “qui e ora”.
La sua intrinseca mutevolezza è il riflesso della metamorfosi che investe la società, le sue esigenze, i suoi sentimenti e le sue paure. Tale constatazione mi ha spinto ad indagare le dinamiche che sono alla base del consenso sociale, nonché a riflettere sulle influenze che i media esercitano nella costruzione sociale del crimine. Questo il punto di partenza del presente lavoro che, con l’intento di “fare criminologia”, non si è fermato ad un’analisi esclusivamente teorica, ma si è addentrato nell’indagine empirica del fenomeno al fine di rilevare la correlazione esistente tra messaggi mediatici, allarme sociale e richieste di criminalizzazione.
Imbottita di pubbliche opinioni, armata di luoghi comuni, la collettività abdica ad un pensiero proprio per vedere attraverso le lenti dei media, lenti necessariamente deformanti. È crimine solo il crimine che fa notizia, ossia quello violento, individuale, moralmente sensazionale, eziologicamente indecifrabile. Questa è l’immagine nei mass media, questa è l’immagine nelle nostre menti. Le distorsioni qualitativo-quantitative sono macroscopiche e influenzano significativamente la percezione sociale, inducendo la collettività a credere che il crimine, in particolare quello di massima gravità, sia più presente di quanto non lo sia effettivamente. L’amplificazione della criminalità genera nell’opinione pubblica allarme sociale e un diffuso senso di insicurezza. La paura di rimanere vittima di un reato e la consapevolezza di non essere adeguatamente protetta dal proprio ordinamento diventano legittime questioni sociali di cui i media si fanno portavoce e alle quali lo Stato risponde con scelte simboliche volte a rassicurare i consociati.