Caso Abu Omar: la Corte Costituzionale annulla la condanna della Cassazione
Corte Costituzionale, 13 febbraio 2014, sentenza n. 24
Presidente Silvestri , Relatore Grossi
Sono state depositate il 13 febbraio 2014 le motivazioni della sentenza n. 24 della Corte Costituzionale relativa al sequesto dell’ex ex imam di Milano Abu Omar.
E’ questa – per ora – l’ultima tappa della nota vicenda giudiziaria: la Corte Costituzionale ha accolto i ricorsi presentati dalla Presidenza del Consiglio contro la Corte di Cassazione (che il 19 settembre 2012 aveva annullato con rinvio il proscioglimento di alcuni imputati) e contro la Corte di Appello di Milano annullando i relativi atti e facendo retrocedere il processo penale davanti alla Suprema Corte.
Nel dare ragione alla Presidenza del Consiglio circa la apposizione del segreto di stato, la Corte ha osservato come sarebbe del tutto arbitrario – e dunque invasivo delle prerogative del ricorrente – l’assunto secondo il quale il vincolo del segreto dovrebbe intendersi circoscritto alle sole operazioni che avessero coinvolto ufficialmente i Servizi nazionali e stranieri, legittimamente approvate dai vertici dei Servizi italiani: una simile affermazione – fondata esclusivamente su una nota dell’11 novembre 2005, con la quale era stata affermata la assoluta estraneità del Governo italiano e del Servizio al sequestro di Abu Omar – finirebbe per incidere direttamente sul potere di determinazione di quale fosse il reale ambito dei fatti e delle notizie coperte dal segreto, da parte di un organo diverso da quello cui è riservato detto compito.
La disciplina del segreto di stato – proseguono i giudici – involge il supremo interesse della sicurezza dello Stato-comunità alla propria integrità ed alla propria indipendenza, interesse che trova espressione nell’art. 52 della Costituzione in relazione agli artt. 1 e 5 della medesima Carta.
Appare quindi arduo negare che la copertura del segreto – il cui effettivo ambito non può, evidentemente, che essere tracciato dalla stessa autorità che lo ha apposto e confermato e che è titolare del relativo munus – si proietti su tutti i fatti, notizie e documenti concernenti le eventuali direttive operative, gli interna corporis di carattere organizzativo e operativo, nonché i rapporti con i Servizi stranieri, anche se riguardanti le renditions ed il sequestro di Abu Omar. Ciò, ovviamente, a condizione che gli atti e i comportamenti degli agenti siano oggettivamente orientati alla tutela della sicurezza dello Stato.
Ne deriva che non spettava alla Corte di Cassazione annullare il proscioglimento degli imputati nonché annullare le ordinanze pronunciate il 22 ed il 26 ottobre 2010, con le quali la Corte d’appello di Milano aveva ritenuto inutilizzabili le dichiarazioni rese dagli indagati nel corso delle indagini preliminari; così come non spettava alla Corte d’appello di Milano, in sede di giudizio di rinvio, affermare – in ottemperanza ai dicta della sentenza di annullamento pronunciata dalla Corte di cassazione – la penale responsabilità degli imputati in relazione al sequestro di Abu Omar. A questa dichiarazione di non spettanza consegue l’annullamento, in parte qua, dei corrispondenti atti giurisdizionali, menomativi delle attribuzioni del ricorrente Presidente del Consiglio dei ministri in materia di apposizione del segreto di Stato.
In conclusione, i giudici costituzionali hanno dichiarato che:
- non spettava alla Corte di Cassazione annullare – con la sentenza n. 46340/12 del 19 settembre 2012 – il proscioglimento degli imputati Pollari Nicolò, Ciorra Giuseppe, Di Troia Raffaele, Di Gregori Luciano e Mancini Marco, nonché le ordinanze emesse il 22 ed il 26 ottobre 2010, con le quali la Corte d’appello di Milano aveva ritenuto inutilizzabili le dichiarazioni rese dagli indagati nel corso delle indagini preliminari, sul presupposto che il segreto di Stato apposto in relazione alla vicenda del sequestro Abu Omar concernerebbe solo i rapporti tra il Servizio italiano e la CIA, nonché gli interna corporis che hanno tratto ad operazioni autorizzate dal Servizio, e non anche al fatto storico del sequestro in questione;
- non spettava alla Corte d’appello di Milano, quale giudice del rinvio, ammettere – con l’ordinanza del 28 gennaio 2013 – la produzione, da parte della Procura generale della Repubblica presso la medesima Corte, dei verbali relativi agli interrogatori resi nel corso delle indagini da Mancini, Ciorra, Di Troia e Di Gregori – atti dei quali era stata disposta la restituzione al Procuratore generale da parte della stessa Corte d’appello con le ordinanze del 22 e 26 ottobre 2010, poi annullate dalla Corte di cassazione con la sentenza innanzi indicata;
- non spettava alla Corte d’appello di Milano – in riferimento alla ordinanza pronunciata il 4 febbraio 2013 – omettere l’interpello del Presidente del Consiglio dei ministri ai fini della conferma del segreto di Stato opposto dagli imputati Pollari, Mancini, Ciorra, Di Troia e Di Gregori nel corso della udienza dello stesso 4 febbraio 2013, invitando il Procuratore generale a concludere e a svolgere la sua requisitoria con l’utilizzo di fonti di prova coperte da segreto di Stato;
- non spettava alla Corte d’appello di Milano – in relazione alla sentenza n. 985 del 12 febbraio 2013 – affermare la penale responsabilità degli imputati Pollari Nicolò, Di Troia Raffaele, Ciorra Giuseppe, Mancini Marco e Di Gregori Luciano, in ordine al fatto-reato costituito dal sequestro di Abu Omar, sul presupposto che il segreto di Stato apposto dal Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione alla relativa vicenda, concernerebbe solo i rapporti tra il Servizio italiano e la CIA, nonché gli interna corporis che hanno tratto ad operazioni autorizzate dal Servizio, e non anche quelli che attengono comunque al fatto storico del sequestro in questione;
- non spettava alla Corte d’appello di Milano emettere la sentenza innanzi indicata sulla base dell’utilizzazione dei verbali relativi agli interrogatori resi dagli imputati nel corso delle indagini preliminari – di cui era stata disposta la restituzione al Procuratore generale da parte della stessa Corte d’appello con le ricordate ordinanze del 22 e 26 ottobre 2010 – senza che si fosse dato corso all’interpello del Presidente del Consiglio dei ministri ai fini della conferma del segreto di Stato opposto dagli anzidetti imputati nel corso della udienza del 4 febbraio 2013, essendosi invitato il Procuratore generale a concludere, in modo tale da consentirgli di svolgere la sua requisitoria utilizzando fonti di prova coperte dal segreto di Stato;
- spettava alla Corte d’appello di Milano non sospendere il procedimento penale a carico degli imputati Pollari, Mancini, Ciorra, Di Troia e Di Gregori in pendenza del giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato;