Corte EDU: no al carcere per i giornalisti salvo casi eccezionali (caso Belpietro)
Corte Europea dei diritti dell’uomo, 24 settembre 2013
Belpietro contro Italia, Ric. n. 43612/10
Depositata oggi la sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo relativa al ricorso numero 43612 del 2010 in tema di diffamazione a mezzo stampa.
Questa la vicenda che ha portato al pronunciamento della Corte: nel novembre 2004, un articolo firmato da Raffaele Iannuzzi intitolato “Mafia, 13 anni di scontri tra pm e carabinieri” era stato ritenuto diffamatorio nei confronti dei magistrati Giancarlo Caselli e Guido Lo Forte; pertanto Maurizio Belpietro – all’epoca dei fatti direttore de Il Giornale – era stato condannato a 4 anni di carcere (condanna poi confermata dalla Cassazione).
Maurizio Belpietro presentava ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo e oggi i giudici gli hanno dato ragione condannando l’Italia per violazione dell’art. 10 della convenzione europea dei diritti dell’uomo (diritto alla libertà d’espressione): lo Stato, pertanto, dovrà versargli la somma di 10 mila euro per danni morali e 5 mila per le spese processuali sostenute.
Secondo i giudici di Strasburgo, nonostante spetti alla giurisdizione interna stabilire l’entità della pena, tuttavia, condannare un giornalista alla prigione è una violazione della libertà d’espressione garantita dall’articolo 10 della Convenzione, salvo casi eccezionali come incitamento alla violenza o diffusione di discorsi razzisti.
Questo il testo dell’art. 10 della Convenzione:
“Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. Il presente articolo non impedisce agli Stati di sottoporre a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, cinematografiche o televisive.
L’esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, all’integrità territoriale o alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario“.
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