Sul termine per la richiesta di giudizio abbreviato – Cass. Pen. 348/2014
Cassazione Penale, Sez. I, 8 gennaio 2014 (ud. 18 dicembre 2013), n. 348
Presidente Giordano, Relatore Magi
E’ stata depositata l’8 gennaio scorso la pronuncia numero 348 del 2014 in tema di rito abbreviato.
Secondo i giudici della prima sezione, la richiesta di giudizio abbreviato può anche seguire la formulazione delle conclusioni del pubblico ministero in quanto l’espressione utilizzata dal legislatore è idonea a comprendere l’intera fase della discussione prevista dall’art. 421 comma 2 fino al suo epilogo, sicché il termine finale della proposizione della domanda è rappresentato dal momento in cui si esaurisce, con la formulazione delle conclusioni di tutte le parti, la discussione (v. anche Cass. Pen. Sez. 1 n. 755 del 14.11.2002, rv 223251).
Ciò risulta, peraltro, più aderente al principio generale per cui in presenza di un dettato normativo che introduce una preclusione, l’interpretazione – anche al fine di non ledere l’aspettativa all’esercizio della relativa facoltà – non può determinare l’anticipazione della scadenza del termine rispetto all’ordinario significato dei termini utilizzati dal legislatore.
Per altro, i giudici ricordano come tale linea interpretativa – basata sul favor per l’adozione del rito alternativo – è stata espressa di recente dalla stessa Corte Costituzionale nella decisione numero 117 del 4 aprile 2011 (con cui è stata dichiarata inammissibile una questione relativa a preteso contrasto tra l’art. 391 octies c.p.p., e art. 442 c.p.p., comma 1 bis, e l’art. 111 Cost., in tema di giusto processo). In tale pronunzia si è infatti evidenziato che quanto al giudizio abbreviato esso può essere richiesto e ammesso in sede di udienza preliminare anche a discussione iniziata e fino al momento in cui non siano formulate le conclusioni e ciò consente di ritenere utilizzabili in tale giudizio i risultati di documenti depositati nel corso dell’udienza preliminare, ivi compresi i risultati di investigazioni difensive. Trattasi di una affermazione che, seppur relativa a pronunzia di inammissibilità della questione ivi decisa, consente di ritenere costituzionalmente preferibile – a fini di scioglimento del dubbio interpretativo – la lettura della norma di riferimento in senso comprensivo della “fase” della discussione.
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